Un interessante caso di responsabilità 231.
La Guardia di Finanza di Napoli ha recentemente eseguito l´arresto di due imprenditori operanti nel settore del ‘compro oro´, per l´ipotesi di riciclaggio di notevoli quantitativi di oro usato di provenienza illecita.
Secondo la Procura di Nola, gli indagati registravano acquisti leciti in misura superiore a quella reale, così da giustificare l´introito di preziosi acquisiti illegalmente da altre fonti.
I due ‘ripulivano´ così ingentissimi quantitativi di oro, vendendoli a prezzi competitivi a fonderie situate su tutto il territorio nazionale e conseguendo, al contempo, importanti vantaggi fiscali.
Una nota diffusa dalla GdF dà conto del sequestro preventivo per equivalente operato a carico degli indagati per un importo vicino ai 5 milioni di euro, pari al profitto ricavato dal reato.
Il provvedimento ablatorio ha peraltro colpito anche uno degli enti gestito dagli indagati.
L´applicazione del Decreto 231, ed in particolare dell´ipotesi prevista dall´art. 25-octies, ha consentito il sequestro di beni di pertinenza della società in questione per ammontare ancora ignoto ma pari, in sostanza, al vantaggio realizzato dall´ente grazie all´operazione illecita descritta.
L´evoluzione delle vicende cautelari a carico dell´ente, e l´eventuale fase di giudizio successiva, forniranno spunti di sicuro interesse con riferimento all´applicazione della normativa di cui al Decreto. Stando infatti a quanto sinora riportato dalla stampa, l´ente gestito dagli indagati fa parte di una società consortile per azioni che raccoglie oltre 400 aziende del settore dei preziosi, alcune delle quali attualmente indagate nell´ambito della maxi inchiesta denominata ‘Fort Knox´ in ordine ai reati di associazione per delinquere, riciclaggio, ricettazione, frode fiscale ed esercizio abusivo del commercio di oro.
Potrebbe dunque accadere che la Magistratura partenopea si trovi ad affrontare un argomento piuttosto spinoso: l´applicazione del Decreto 231 alle società consortili e, più in generale, alle associazioni temporanee di imprese.
È stato infatti correttamente affermato che ‘tali forme di connessioni tra imprese, funzionali al perseguimento di un comune interesse, pur non definendosi un gruppo in senso tecnico, possono giungere in sede interpretativa ad una sostanziale equiparazione in punto di disciplina – di cui al Decreto – alla realtà dei gruppi.
Ne consegue, dunque, un rischio concreto di risalita della responsabilità ex D.Lgs. 231/2001 dalle consorziate alla società consortile di riferimento in caso vi sia tra queste ‘reciproca cointeressenza e salva l´ipotesi in cui la società consortile abbia predisposto un Modello ‘che preveda non solo rischi specifici dell´attività che svolge, ma anche rischi da “rapporti con le società consorziate”, primo tra tutti il rischio di associazione per delinquere. (Fonte: aodv231.it)